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lunedì 28 novembre 2011

Tutto sul Bue grasso...il re del Gran bollito misto!


Dicembre è per tradizione il mese del Bue Grasso.
Fiere come quella di Carrù richiamano un numero sempre maggiore di addetti, gastronomi appassionati e semplici curiosi che, per ritemprarsi dal freddo pungente, una volta accompagnato il "Re Bue" nella sua ultima (aihmè!) sfilata per le vie del paese si rinchiudono nelle trattorie a degustare bolliti annaffiati dagli ottimi vini di Langa.


Per ottenere il Bue Grasso, il bovino rigorosamente della "coscia" di razza Piemontese viene inizialmente castrato tra i tre e i sei mesi. Dopo quattro anni, alla comparsa del 7° dente incisivo il manzo può essere definito Bue.
Storicamente il Bue è stato selezionato per la sua docilità e la sua forza, un vero e proprio "gigante buono", ed utilizzato nel faticoso lavoro dei campi. Mentre un cavallo da tiro "reggeva"una stagione di lavoro e poi doveva essere sostituito, il bue lavorava per tre, quattro anni. Al termine di questo ciclo lavorativo l’animale veniva destinato al macello e , per farlo riprendere dalle fatiche dei campi che ne asciugavano il fisico, veniva messo "all’ingrasso", da cui deriva il termine " Bue Grasso".
L’avvento della meccanizzazione agricola sancì la fine delle fatiche del bue, ma non la sua scomparsa. Soprattutto nelle piccole aziende agricole sparpagliate per le colline di Langa è rimasto motivo di orgoglio allevare e ingrassare il bue per farlo competere al titolo di " Re" alle fiere o semplicemente per deliziare il palato dei buongustai.



Si intende per "finissaggio" l’alimentazione nella parte finale dell’allevamento, durante la quale vengono aumentati in quantità e qualità gli sfarinati. Esistono poi dei segreti che ogni allevatore mette in campo per esaltare il sapore delle carni e per aumentare il prestigio dell’azienda. E’ bello sentire le storie dei vecchi di Langa che parlano di uova sottratte furtivamente alle donne di casa ( le vere "condottiere" nella società matriacale dell’ epoca) per darle al bue, o le pentolate di "tajarin" rigorosamente fatti a mano che prendevano la via della stalla.
Tutte queste attenzioni fanno si che la carne di bue, pur essendo un animale avanti nell’ età, sia particolarmente tenera e ricca di sapidità, giustamente marezzata e dal colore rosso intenso che trova l’esaltazione di queste caratteristiche in uno dei piatti principi della cucina piemontese: il gran bollito misto.


Foto: http://www.lacucinaitaliana.it/

È un piatto con regole rigide, semplice e ricco allo stesso tempo, della cucina piemontese. Per parlare di gran bollito, piatto preferito da Vittorio Emanuele II, è doveroso riportare la regola del 7 (sette tagli, sette ornamenti, sette bagnetti e sette contorni) di Giovanni Goria, Accademico della cucina. Il Bollito si compone di 7 tagli: tenerone, stinco, scaramella, culatta, arrosto della vena, punta con suo fiocco, rolata (copertina di petto arrotolata e legata su un ripieno di lardo o prosciutto, salame cotto, due uova, una carota intera, erbe aromatiche e pepe che poi viene tagliata a fette). In pentole diverse si cuociono invece i 7 ornamenti che sono pure carne, anzi sono loro che fanno il vero Bollito tipico, la testina completa di musetto, la lingua, lo zampino, la coda, la gallina, il cotechino e la lonza (una copertina di petto grassa arrotolata sui suoi aromi e arrostita a fuoco forte, unico pezzo arrosto che fa parte del Bollito). Il grande piatto unico va completato con i suoi 7 bagnetti (i più tradizionali verde rustico, rosso, al rafano, al miele) e 7 contorni (indispensabili sono le patate bianche lesse, gli spinaci al burro, insalata di cipolle rosse lessate in aceto). Si va a tavola e subito viene servito il gigantesco Bollito caldo e fumante. Sul tavolo pane di campagna a fette e sale grosso che va sparso nel piatto sui tocchi di carne calda.
Buon appetito!

Luca Tassone per Optima Carne


Foto: http://www.lacucinaitaliana.it/

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